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A me manca tanto Massimo Bordin, la sua voce , i suoi corsivi, tutto il suo sapere


Mi manca Massimo Bordin, anche per motivi del tutto egoistici. Quello del sapere. Mi manca il suo pensiero rispetto a tutto ciò che ci sta accadendo. Cosa avrebbe pensato della gestione emergenziale ai tempi del covid 19? Quali sarebbero stati i suoi corsivi sul presidente del consiglio Conte? Provo a immaginare cosa avrebbe scritto sul guardasigilli Bonafede, la sua gestione del già precario sistema penitenziario. In un anno dalla sua scomparsa sono accaduti tanti, troppi fatti. La Storia ha avuto una incredibile accelerazione che io non riesco più a stargli appresso. Ma Bordin, tra un colpo di tosse e un altro, attraverso radio radicale e i suoi corsivi mi avrebbe aiutato a prendere spunti, ad afferrare quei dettagli che inevitabilmente mi sfuggono. Già. Tante cose mi stanno sfuggendo. 



Io, mediocre giornalista, precario, semisconosciuto e soprattutto consapevole di non poter appartenere per molto tempo in questo mondo lavorativo se non ti mostri e non fai parte di cricche e cricchette, ho avuto l'onore di essere citato spesso da Massimo Bordin nelle sue sacre (ma laiche) rassegne di "Stampa e Regime". Ho avuto la fortuna di essere addirittura citato in alcuni suoi corsivi de Il Foglio. Gli sono grato, perché senza che me ne rendessi inizialmente conto, ha avuto un incredibile atto di generosità nei miei confronti. E tutto ciò senza che, inizialmente, nemmeno mi conoscesse di persona. 

Con lui c'era sicuramente  qualche sintonia. Una su tutte è che non ha mai rinnegato il suo passato da trozkista. Lui, libertario, forse aveva anche difficoltà nel darsi una definizione ben definita. Ma credo proprio che non amasse le definizioni. In fondo non amava nemmeno, a ragione, definirsi "garantista". Non diceva che non lo fosse, ma aveva il giusto timore che la diatriba tra garantisti e giustizialisti portasse a snaturare il concetto base del garantismo stesso. Non a caso una volta Bordin citò Sciascia quando  non si definì garantista, ma semplicemente costituzionalista come opposizione all'emergenzialismo di allora. A parer mio o si è per la giustizia secondo Diritto, oppure semplicemente si è totalitari. Le vie di mezzo, sfumature varie , sono un esercizio inutile per nascondere la propria natura. 

Mi manca Bordin. Ho avuto la fortuna di poterlo incontrare per la seconda e ultima volta al congresso del Partito Radicale. Era visibilmente dimagrito, i pochi capelli rimasti rasati a zero, volto scavato. Ma nonostante la sua malattia che ha tenuto nascosto fino alla fine, aveva avuto la forza di fare un memorabile  intervento in difesa di Radio Radicale che quei mentecatti del movimento cinque stelle volevano chiudere. L'ho atteso fuori. Ci siamo visti, ha sorriso e abbiamo parlato per un po'. Non poteva mancare l'argomento della fantomatica trattativa Stato - Mafia. Gli dissi che avevo tra le mani un documento che non vedevo l'ora di far uscire fuori. Solo dopo la sua morte pubblicai l'articolo su Paolo Borsellino che, durante la sua ultima riunione in procura di Palermo, sollevò il caso del famoso dossier mafia appalti. Chissà cosa avrebbe detto Massimo Bordin. Non potrò mai saperlo. 

Ribadisco che ho visto Bordin l'ultima volta lì, al congresso. Mi disse " tu sei bravo". Diventai rosso e lo ringraziai. Come detto, sono ben coscio che  difficilmente potrò continuare per molto questa professione. Siamo tanti, troppi e ho anche il difetto di non saper chiedere, insistere, propormi. Troppa competitività, ma anche tanta superficialità che non riesco a gestire.  La mediocrità, infatti, si evince anche da questo mio comportamento. Ma so che le sue parole, un maestro indiscusso, sono la migliore eredità di riconoscenza professionale che io potessi avere. Potrei viverci di rendita. Spirituale, si intende.

Mi manca Bordin. Perfino quando su certe cose, poche a dire la verità, non ero d'accordo. Confesso che addirittura un po' ci rimasi male quando non fece nessun accenno alla querela che mi beccai dai magistrati Scarpinato e Lo Forte in merito alla mia inchiesta relativa a "mafia e appalti" come movente delle stragi di Capaci e di Via D'Amelio. Ne ero rimasto deluso. Ma ho peccato sia di presunzione (non sono nessuno e non si può avere la pretesa di essere difeso pubblicamente) e anche di giudizio affrettato. Senza ovviamente citare me e Piero Sansonetti ( l'ex direttore del mio giornale Il Dubbio), scrisse  a sorpresa un corsivo il 31 gennaio del 2018 parlando proprio dell'archiviazione del dossier ad opera dei due magistrati che hanno querelato me e il mio ex direttore. Un altro atto di generosità. 

Leggendo tutto questo, sono sicuro che Bordin sbufferebbe esclamando con il suo solito "vabbè". Sì, mi manca tantissimo. La solitudine dal punto vista umano, intellettuale, tutto quello che volete, si è inesorabilmente accentuato sempre di più. 

Damiano Aliprandi









Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Te l’ho detto io, una volta che con quel “gli articoli di Damiano Aliprandi sono belli” potevi campare di rendita. Tu basti a te stesso come lui, professionalmente. Nessuno di voi due aveva bisogno di cricche e cricchette. E il non saper chiedere non ha nulla a che vedere con la mediocrità.

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