Il governo Meloni aumenta fino a 18 mesi la detenzione amministrativa dei migranti presso i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), segnando un ritorno al passato e solleva grandi preoccupazioni per quanto riguarda i diritti umani.
Ripercorrendo il Decreto del 2011 e la Normativa Europea del 2013
La proposta di estendere la detenzione dei migranti a 18 mesi riporterebbe in auge il decreto legge del 2011, un cambiamento significativo rispetto alla riduzione a 3 mesi stabilita dalla legge europea nel 2013. Nei CPR, la detenzione avviene in strutture meno regolamentate rispetto al carcere. La mancanza di un dettagliato ordinamento interno e la scarsa supervisione da parte della magistratura sollevano dubbi sulla tutela dei diritti umani e l'accesso della società civile e dei media a queste strutture.
Privazione della Libertà Senza Reato
È essenziale ricordare che i migranti detenuti nei CPR non hanno commesso reati, ma sono privati della libertà per violazioni amministrative legate alla loro presenza irregolare in Italia. Tuttavia, sembra che la detenzione amministrativa, anziché essere un'eccezione, stia diventando la norma, con conseguenti prolungamenti dei tempi di detenzione. Negli anni, la durata massima della detenzione nei CPR è variata notevolmente. Inizialmente limitata a 30 giorni, è stata estesa a 60 giorni nel 2002 con l'entrata in vigore della legge Bossi-Fini, suscitando dibattiti sulla sua efficacia e giustizia.
Il decisivo cambiamento nel 2013, ora azzerato.
Una delle trasformazioni più significative si è verificata con il decreto-legge 89/2011, quando la detenzione nei CPR è stata portata a un massimo di 18 mesi. Questo cambiamento ha sollevato domande sulla conformità alle norme internazionali in materia di diritti umani. La situazione è rimasta fluida nel tempo, con ulteriori cambiamenti legali che hanno segnato la storia dei CPR. Nel 2013, una direttiva europea ha stabilito una riduzione significativa del periodo di detenzione, portandolo a soli 3 mesi. Questo cambiamento è stato accolto da molte organizzazioni per i diritti umani, ma è stato poi nuovamente ampliato con l'entrata in vigore del decreto sicurezza nel 2018, portando la detenzione fino a 180 giorni. Un'ulteriore evoluzione è stata introdotta dal decreto 130/2020, promosso dall'allora ministra dell'Interno Luciana Lamorgese. Questo decreto ha ridotto nuovamente il periodo di detenzione nei CPR a 90 giorni, ma ha anche previsto la possibilità di estenderlo fino a un massimo di 120 giorni in casi particolari. Ora, però, si ritorna indietro ai 18 mesi. In un attimo, tutto viene azzerato.
Amare Conclusioni
Ripristinare a 18 mesi il periodo di detenzione nei confronti dei migranti presso i CPR rappresenta un ritorno a un becero passato. Stiamo parlando di persone che non hanno commesso alcun reato, eppure si ritrovano, di fatto, detenute, con l'aggravante che hanno persino meno diritti di coloro che sono in carcere, dal momento che formalmente non stanno scontando una pena. Un vero e proprio obbrobrio.
Damiano Aliprandi
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