Il 25 Aprile è un anniversario importante, ma c'è antifascista e antifascista. Come d'altronde c'è uomo e uomo

Milano, aprile 1945. In assenza di immagini dei giorni della liberazione molte foto, come questa, vennero fatte mettendo in posa le persone. (Valentino Petrelli, Gamma-Keystone/Getty |
Piero Calamandrei disse che se vogliamo andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, tra le altre cose ci ha indicato anche le carceri dove i partigiani furono imprigionati. I nostri padri costituenti hanno talmente conosciuto la sofferenza che generano queste istituzioni totali tanto di aver voluto evitare di menzionare il "carcere" nella nostra costituzione.
Poi vedo il direttore de L'Espresso Marco Damilano che a propaganda live dice che il 25 Aprile è l'unico processo che non deve finire mai. Giù applausi e brividi di emozioni.
Io però non mi lascio incantare da chi dirige un giornale dove hanno scientemente provocato indignazione dando la notizia dei domiciliari a un uomo al 41 bis, tanto da creare una enorme pressione sui magistrati di sorveglianza che devono decidere sulla vita e la morte (già, è così) delle persone. Poi però fanno gli antifascisti, mentre sono capaci di far impallidire perfino l'ex guardasigilli fascista Rocco.
Ma sono, d'altronde, della stessa pasta di quelli che accusarono il partigiano Germano Nicolini, conosciuto con il soprannome "comandante Diavolo", di aver ucciso un prete. Un vecchia vendetta del Partito comunista perché il comandante diavolo aveva avuto il "vizio" di non torturare i fascisti presi in arresto e aveva evitato in più occasioni tentativi di giustizia sommaria.
C'è antifascista e antifascista, come d'altronde c'è uomo e uomo. Per me il 25 Aprile deve assolutamente essere divisivo anche in questo. Altroché.
Damiano Aliprandi
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